Sunday, November 22, 2009

Traversata Gibilterra-La Graciosa






Lo scorso 2 di novembre tutto era pronto a bordo di Tobago, l’amico Metello mi aveva raggiunto a Gibilterra per accompagnarmi in questa nuova tappa visto che la cara Atziri aveva viaggiato a Messico per rivedere la sua famiglia dopo tanto tempo.
Tobago galleggiava all’ancora con tutti i suoi serbatoi pieni, la cambusa traboccava, e l’entusiasmo era alle stelle. L’idea era quella di partire il mattino successivo ma le previsioni per i giorni avvenire lungo la nostra rotta non erano per nulla buone. L’indecisione era molta ma l’esperienza dell’anno scorso con onde di 4-5 metri mi tratteneva da scelte troppo azzardate, cosi’ dopo aver preso in considerazione l’ipotesi d’andare prima a Madeira, decidiamo di aspettare tempi migliori. Mai scelta fu miglior presa! I venti si rivelarono piu’ forti delle stesse previsioni e le onde raggiunsero i sette metri secondo quato riportato da una barca di amici che incauti si erano avventutrati in mare rischiando quasi il naufragio.
Nel attesa di tempi migliori decidemmo di navigare nello stretto cosi’ che Metello prendesse un po’ di confidenza con Tobago e anche per variare un po’ all’inquinata baia di Gibilterra. Decidemmo d’andar a visitare la citta’ di Ceuta, piccola enclave spagnola in terra marrochina, ricca di cultura e integrazione tra popoli diversi. Li’ passamo 5 giorni bellissimi all’ancora, in un paesaggio suggestivo, di tanta pace e tranquillita’.
Il 7 novembre torniamo a Gibilterra per portarci in miglior posizione per la pronta partenza, sembra che lunedi’ 9 si apra una piccola finestra metereologica.
Altra cambusa, pieno di gasolio e buon riposo... Domenica le previsioni si confermano, l’indomani mattina si salpa.
Alle 9.30 lasciamo l’ormeggio di Marina Bay e a motore facciamo prua verso lo stretto. La marea e’ ben calcolata e presto incontriamo corrente favorevole, non e’ cosi’ per il vento che continua a soffiare in faccia, come previsto del resto, ma molto meno forte che i giorni precedenti. Le colonne d’Ercole vivono cosi’, di 2 venti: o ponente o levante, che qui accelerano compressi dalle due coste continenatali, c’e’ da tener duro qualche ora, poi una volta fuori, tutto migliorera’.
Il motore si spegnera’ solamente alle 18:30, scapolato C. Espartel, la punta piu’ a NW del continente africano che per tutta la giornata ci ha fatto un po’ penare, sembrando allungarsi sempre piu’ sulla nostra rotta.
Gia’ dalle prime ore della notte si capiva che le cose erano cambiate, le onde non erano piu’ bizzare e verticali come nello stretto, ma piu’ lunghe e morbide, il vento poco a poco andava girando verso N stabilendosi in una veloce andatura poppiera , stavamo entrando nei mitici alisei.
L’alba del primo mattino in oceano e’ stata rivelatrice, illuminado tutta l’immensita’ che ci circondava, dando colore a forme che prima solo si intuivano nei movimenti, nei profumi del buio della notte. Tutta la giornata di martedi’ trascorre pacifica, sia Metello che io iniziamo ad assestarci ai nuovi ritmi, navigando in due si e’ costretti a turni di guardia continui, di 3 ore caduno, cosi’ che la navigazione diventa un semi-solitario,in quanto quando io vigilo l’altro dorme, le uniche ore in comune sono quelle centrali della giornata dove ci si dedica un po’ alle pulizie, alla cucina e se possibile a stendersi un po’ al sole per asciugarsi dall’umidita’ notturna. Tutti i giorn alle 14.30 c’e’ poi l’appuntamento radio con Grande Laguna, Daniele, appassionato velista che dalla lontana Mestre segue via onde corte le barche italiane in navigazione nel mondo.
Grazie a questa rete, l’amico Yuri riesce a comunicarmi che per il fine settimana il vento sembra voler rollare a Sud, malissimo per la nostra rotta, non c’e’ altro da fare che spingere Tobago al massimo per guadagnare piu’ miglia possibili.
Da quel momento il clima a bordo cambia , un po’ m’innervosisco perche’ so che il vento previsto per i prossimi giorni non e’ molto ma soprattutto non sapevo quanto forte sarebbe stato il vento da Sud. La mente inizia a lavorare freneticamente analizzando e formulando continuamente nuove opzioni per poi sceglierne solamente una. Rimarremo in rotta, scartando la possibilita’ di fermarci in Marocco per rifornirci di piu’ gasolio e ce la giocheremo sfruttando il vento al massimo. Per fortuna a bordo ho montato un ricevitore radio-fax che stampa le analisi metereologiche del nord atlantico,pressione in superficie, venti... Cosi’ fin dal mercoledi’ sembra che potremo farcela, il vento da sud non sembra iniziare prima di sabato sera, preceduto prima da 24 ore di calma, un problema anche quello visto che e’ giusto la nostra autonomia di gasolio e non ci sarebbe niente di peggiore che ciondolare in mezzo all’atlantico sapendo che il prossimo vento che arrivera’ sara’ giusto in faccia... E cosi’ via a palla di cannone!! Rinuncio ad una traversata rilassata per concentrarmi a fondo su Tobago, vigile ad ogni cambiamento del vento, pronto a manovrare per sfruttare al meglio la situazione. Per fortuna Metello reagisce bene e si rivela un gran compagno di avventura, sempre pronto a far il suo dovere ed entusiasta della navigazione.
La notte di mercoledi’ e’ storica per Tobago, in 5 ore riusciamo a fare ben 40 miglia, una media di 8kn, anche troppo forse, il mio sonno ne soffre, durante il mio turno di riposo non c’e’ verso di rilassarsi, vibro con la barca e i suoi movimenti, l’orecchio e’ vigile, ad ogni aumento improvviso delle bollicine che scorrono sullo scafo, il cervello si attiva, analizzando la raffica di vento, quanto dura, come reagisce Metello al timone. Ormai era troppo, avevo bisogno di poter dormire con calma, gia’ la notte precedente lo spinnaker ci aveva dato un po’ da fare e poco sonno, cosi’ che decido di arrotolare la vela di prua e continuare per la notte con la piccola randa. Grande scelta, la barca rallenta a 5kn e col pilota automatico si governa da se’, fantastico un po’ di riposo. Alle 3.00 lascio il turno a Metello e mi concedo un profondo sonno nella consapevolezza che abbiamo un buon margine anche se aumenta un po’ il vento. Al contrario alle 6.00 il vento cala molto cosi’ rimettiamo il genoa e riprendiamo a correre a 6 kn. Tutto giovedi’ scorre leggero il vento cala progressivamente, alle 11.00 issiamo nuovamente lo spinnaker, che navigata, tutto il giorno a 6/6.5kn, senza gran movimenti o spruzzi in faccia, il massimo. La sera e’ sempre traditrice, la barca navigava fantasticamente con lo spi, buona velocita’, rotta perfetta, poco movimento, ma come sempre appena mi sdraio per il mio turno di riposo il vento aumenta nuovamente, e rapidamente dobbiamo rimettere lo spinnaker al suo posto e riprendere a navigare con il genoa.
Ormai ci siamo, obiettivo raggiunto, mi ero prefissato che a vela dovevamo arrivare a 100nm da la Graciosa, e venerdi’ mattina ci siamo, ora anche se arrivasse la bonaccia, a motore potremo raggiungere l’isola. E cosi’ fu la giornata passa ad intervalli di vela e motore, ma dal tardo pomeriggio l’oceano prende le sembianze dell’adriatico ad agosto e a motore facciamo le ultime miglia che ci separano dalla meta.
Alle 03.30 del sabato buttiamo l’ancora difronte al paesino di La Graciosa, e con soddisfazione ci beviamo un buon rum al nostra bellissima attraversata, invaso dalla felicita’ d’aver fatto una delle mie piu’ belle e soddisfacenti navigazioni di sempre.
Traendo le conclusioni, credo non abbiamo sbagliato quasi nulla, abbiamo ben analizzato le informazioni metereologiche, la fortuna ci ha aiutati con venti mai superiori ai 20 kn, e l’impegno costante ha fatto si’ che nulla andasse rotto, primo obiettivo di ogni navigazione.
Ora e’ gia’ una settimana che ci rillassiamo a la Graciosa, l’isola e’ bellissima, ha 200 abitanti e qualche turista, non una strada asfaltata, il pesce e’ buonissimo e a buon mercato, le spiaggie incantevoli ed incontaminate, fa proprio voglia di non partire piu’...












Sunday, November 1, 2009

Prua su Gibilterra












Mare di Alboran, 30 ottobre 2009, ore 01:00.
I giri sono costanti, continui, inarrestabili, la barca “suona” al ritmo dei 25cv, vibrazioni metalliche che segnalano ogni piccolo cambiamento di regime, questa e’la navigazione a motore, lunghissime notti che sembrano non finire mai. La routine e´ semplice: controllo della rotta, piccole correzioni al pilota automatico,controllo e cambio dei “pannolini” al motore: carta absorbente atta a raccogliere le sue sudorazioni oleose e poi un sacco di tempo da riempire come meglio si crede.
Ormai sono 15 ore che il motore funziona continuamente e gliene toccano altrettante prima che possa riposarsi da questa faticaccia, e’ veramente bravo, nonostante i suoi 34 anni d’eta’ va regolare come un treno svizzero e io lo curo come un bebe’ perche’ non si arrabbi e faccia i capricci.
Fuori il mare e’ un tavola, non un increspatura, non un segno di movimenti di masse d’aria: la bonaccia insomma. E’ cosi’ da ieri notte quando col finire del vento finivano anche i miei ingenui sogni di una attraversata del mare di Alboran con spinnaker. Erano ormai 15 ore che “tirava” Tobago verso Gibilterra, iniziavo a crederci anche perche’ le previsioni erano ottimiste, invece no, l’uomo ha fallito e la natura ricordato di non essere cosi’ prevedibile come si puo’ pensare. Ole’, via al motore! Fino ad ora, escludendo un paio d’orette ancora a vela e una piccola sosta per riempire le riserve di carburante.
Siamo partiti 2 giorni fa da Cartagena, dopo averci passato due bellissimi giorni in compagnia di una coppia di amici naviganti che corrono anche loro verso i caraibi, ma a differenza di noi che andiamo a fare i gaga’ loro vanno a lavorare con la loro barca.
La citta’ e’ stata una gran sorpresa, importante base militare della marina spagnola da tanti secoli, ne ritrae i segni in tutti i suoi aspetti. Possenti mura la circondano, bellisssimi palazzi governativi, fortezze la sovrastano dall’alto delle montagne, l’accesso alla baia e’ disseminato di vecchi bunker che ancora intimidano con le loro feritoie da dove sembra possa comparire una bocca di cannone da un momento all’altro. Ai tempi del grande impero spagnolo entrare a Cartagena non doveva essere per niente facile se non si era buoni amici…
Passeggiando per la citta’ si respira la cultura marinara in ogni angolo, le panetterie offrono una gran varieta’ di prodotti secchi, quelli che si possono conservare per tanto tempo: gallette, pane secco,biscotti vari, che prima erano dati dalla necessita’ ed ora dal buon gusto e tradizione che con gli anni si sono consolidati. I quartieri popolari sono quelli tipici di una citta’ di mare: vicolini stretti e case apiciccate quasi a ricordare il poco spazio di bordo. La cucina e’ buonissima, pesce fresco cucinato semplicamente a prezzi economici nei barettini di pescatori.
Oggi la citta’ sembra si stia riprendendo da un periodo poco fortunato, non ho visto molti giovani in giro, forse segno d’emigrazione, pero’ moltissimi sono i cantieri in opera a recuperare i fasti passati, moltissime le ristrutturazioni recenti, sicuramente tra qualche anno sara’ ancora piu’ bella e viva.
Domani saremo a Gibilterra, altra citta’ chiave del mediterraneo, ripenso alle epiche missioni dei marinai italiani durante la seconda guerra mondiale che con coraggio si erano inventati un nuovo modo di fare la guerra in mare. Arrivavando a bordo di un sottomarino fino all’entrata della baia,gli incursori sbarcavano di notte con una specie di siluro che si poteva manovrare sedendoci sopra a cavalloni e che dovevano guidare fin sotto le navi ferme in porto, lasciarlo li’ attivare la carica e poi nuotare fino a terra. Peccato che la tecnologia italiana del tempo non era gran che’ cosi’ che molte azioni aquistarono un’aria tragi-comica all’italiana, motori rotti, cariche che non esplodevano o semplicemente scoperti dal nemico. Ricordo uno in particolare che dopo essere riuscito con gran difficolta’ ad entrare fin dentro al porto a 100mt dalla nave il motore va in panne e rimane a piedi. Invano cercarono di trascinare il mezzo fin sotto la nave, era chiaramente troppo pesante, cosi’ lo fecero esplodere lo stesso ma senza creare alcun danno, che sfortuna!
La citta’ a quanto ho sentito non e’ un granche’, so che la pista dell’aeroporto e’ anche parte del traffico cittadino cosi’ che quando deve aterrare un’aereo il semaforo viene rosso e si abassano le sbarre, come un passaggio a livello insomma.
A Gibilterra mia moglie Atziri sbarca per andare a trovare la sua famiglia in Messico che ormai son tre anni che non visita, mentre io ed un amico faremo prua verso le Canarie.
Sara’ l’ultima citta’ in continente Europeo per Tobago, da li’ inizieremo il grande salto, sospinti dagli alisei nel grande oceano atlantico.

October 24th, 2009. Ibiza, Spain.







We’ve been in Sant Antoni at the marina for the past 5 days due to bad weather. A couple of nights ago wind velocity reached up to 50 knots, aprox. 100km/hr. Today strong winds are finally over and we are ready to spend our last night in Ibiza at a nice anchorage. We got up around 8:00, had breakfast, Alberto stayed on Tobago for last preparations and I went into town to do final shopping for our trip to Cartagena. One thing I enjoy very much when sailing around is having the possibility to stay in one village for a few days because it normally gives you enough time to do sight seeing and locate stores of interest. After a few days I had found a very nice specialty store (Casa Alfonso), a very nice bakery with own production – non of that industrial pre-baked frozen bread that goes hard in one day, a lovely fruit and vegetable market and a descent priced supermarket for ordinary stuff.
The morning shopping was done in half hours time and was back on the boat at 10am. While I stocked everything Alberto finished outside and at 10:30 we where ready to leave the dock. We stopped at the gas station to get diesel and at 11 o’clock we where heading out. The wind was north-westerly as predicted and it had been decided to head south, so, we putted up the sails and headed towards Es Vedra. For a moment it occurred to just keep going and do the crossing towards Cartagena but in the end the idea of spending at least one night anchored in Ibiza won… it was the right decision.